🇮🇹 La strage di Bondi attraverso i miei occhi: il dolore che mi lega a Sydney

L’Australia è il mio trentatreesimo Stato, la mia prima vera esperienza di vita all’estero.

È il Paese che sognavo da tempo, quello che ho desiderato così tanto da mollare, almeno per ora e molto probabilmente per sempre, la mia vita in Italia. È un sogno che voglio realizzare, perché in fondo io sogno di non tornare indietro.

Sono arrivato qui per seguire il flusso, per seguire il mio cuore, la mia risorsa più preziosa. All’inizio il piano erano Brisbane e la East Coast. Il mio volo, però, dopo un lunghissimo scalo a Chengdu (Cina) di oltre venti ore, è atterrato a Sydney. È bastata una frase di un’amica qualche settimana prima della mia partenza a farmi cambiare rotta: «Sydney è bellissima». Avevo pensato di restarci pochissimo, invece, dopo quasi tre mesi, sono ancora qui.

La mia paura più grande era non riuscire a sostenere i suoi ritmi: Sydney è una città competitiva, a tratti spietata, perché tutti vogliono vivere qui. Ho capito subito il perché: spiagge da sogno e alla portata di tutti; un oceano che è un intreccio di blu, turchese, smeraldo e luce liquida; un’energia a suo modo festaiola che non esclude, ma accoglie. È una città dinamica, viva, ma non fredda. È una città che ti sfida e io questa sfida l'ho accettata con tutto me stesso, con tutte le mie risorse e tutta la fame che sento. Sydney non ti accarezza e non ti coccola affatto: ti chiede presenza e, se resti, ti costringe a crescere. Ti costringe a crescere davvero.

Ho iniziato il mio percorso qui alloggiando alla Zen Harmony House. Appena arrivato, mi sono subito messo a cercare una stanza singola in appartamento condiviso, ma alla fine ho scelto di restare nell'ostello da cui non mi sono più mosso. È un luogo di passaggi continui, di volti nuovi, di storie che si incrociano. Cerco di accogliere tutto ciò che posso dalle persone che incontro: insegnamenti, abbracci, consigli sinceri e legami di cui solo il tempo mi dirà la natura. È esattamente ciò di cui ha bisogno un expat ultratrentenne che, da solo, ha scelto di riscrivere la propria vita. 

Qui pratichiamo insieme almeno un’ora e mezza di meditazione al giorno; non lo facciamo per stare meglio, ma per stare con quello che c’è. Non tutte le pratiche meditative sono uguali. Ci sono giorni in cui tutto scorre; altri in cui ti siedi, senti resistenza e fai fatica persino a stare fermo. Ci sono momenti in cui guardarti dentro è difficile; altri in cui sembra impossibile. Ci sono pratiche che fanno emergere dolore, pratiche in cui, perciò, non vorresti vedere nulla.

Domenica 14 dicembre 2025 ero a Bondi Beach, nel celebre suburb situato nella periferia orientale di questa metropoli che si estende per oltre 12.000 km². Pensate che Roma, la città più estesa dell’Unione Europea, copre un'area di "soli" 1.285 km²: questo confronto fa capire quanto Sydney sia enorme e quanto possa far sentire piccolo chi la vive e la attraversa ogni giorno con una bicicletta elettrica. Bondi è la casa degli australiani, la casa di molti expat ed è diventata anche una delle mie case in giro per il mondo. Per me, però, quel giorno non era un momento di piacere. Stavo lavorando: stavo portando a termine una consegna per conto di Uber Eats.

Da quando sono a Sydney ho fatto tre lavori: rider, kitchen assistant in un fast food vietnamita e cameriere per un’agenzia di catering che si occupa di eventi di lusso (si tratta di un mondo che non avevo mai visto prima, almeno non a quei livelli). Rider e cameriere sono lavori che svolgo ancora oggi: il primo per necessità, perché in una città dove c’è molta concorrenza inserirsi senza esperienza in altri lavori entry level non è affatto semplice; il secondo per andare oltre quelli che credo siano i miei limiti.

Ho scelto di ripartire da zero. Qui non sono il prof., non sono il giurista, non sono le etichette che mi hanno definito per anni. Sono una persona che ricomincia con tantissima fame. Ho capito subito che desidero davvero questa città e questa nazione, almeno per ora.

Quel giorno ero a oltre mezz’ora di pedalata dal luogo in cui alloggio. Sydney è una città efficiente, ma non ovunque è bike friendly. Stavo percorrendo la New South Head Road, una delle strade che meno mi piacciono quando sono in bici: sei corsie, nessuna pista ciclabile e conducenti che sfrecciano incuranti della tua presenza, come se tu fossi invisibile, come se il mondo scorresse troppo veloce per notare chi cerca solo di attraversarlo su due ruote.

A un certo punto un’auto della polizia sfreccia così veloce da quasi sfiorarmi. Sta andando verso Bondi Beach. Poi ne arrivano altre. Poi arrivano le ambulanze. Arrivo a Campbell Parade, la strada principale che costeggia la spiaggia e che di solito pullula di vita. Era stranamente vuota.

Come ogni rider, ero concentrato sulla consegna da portare a termine. Non ero ancora pienamente consapevole di ciò che stava accadendo: le forze dell’ordine stavano chiudendo l’area. Consegno l’ordine e il ragazzo a cui lo porto mi dice:

«Stay safe, there are shooters»

«Stai attento, ci sono degli attentatori».

Ci metto del tempo a metabolizzare. Istintivamente accetto altri due ordini: si prospettava una domenica redditizia. Era l’unica cosa a cui stavo pensando, completamente inconsapevole della realtà intorno a me. Poi apro internet e leggo della tragedia.

Alzo la testa e vedo tre elicotteri sopra di me. Sono fermo lì, in mezzo alla strada. Cancello gli ordini, una cosa che non faccio mai. Dentro di me si attiva una parte che conosco bene e che spesso tengo nascosta: quella che mi spinge all’efficienza a ogni costo. È una risorsa, ma può trasformarsi facilmente anche in un mostro capace persino di mettere in pericolo la tua vita.

Anche come rider nella mia testa facilmente si attivano quei numeri che per me rappresentano la perfezione: il 100% di acceptance rate, lo 0% di cancellation rate, quel 94% di satisfaction rate che deve assolutamente diventare 100 %: è possibile, perché la piattaforma tiene conto solo delle ultime 100 consegne recensite. Devo poi raggiungere il livello Diamond, il più alto previsto, e mi manca poco.

In quel momento capisco che quel mostro non è stato affatto sconfitto come credevo. Questa consapevolezza mi attraversa tutta insieme. Poi mi fermo. Guardo di nuovo le notizie sul telefono e leggo che Bondi è una zona assolutamente off limits. Io però ero già lì e non potevo né volevo rimettermi in bici per rientrare nella city.

Fortunatamente una ragazza svedese mi nota e mi invita ad entrare in casa sua. Resto lì per circa tre ore. Le tende restano chiuse e le luci spente per tutto il tempo. Attraverso un piccolo spiraglio osservo un frammento di tramonto proibito e quasi rubato, quel tramonto che chi quella domenica ha perso la vita non potrà mai più vedere. Rassicuriamo famiglie e amici, parliamo del più e del meno per distrarci, per non pensare a quello che sta succedendo fuori, per non seguire il rumore incessante delle sirene e degli elicotteri. Quando la situazione si calma un po’, un caro amico incontrato lungo questo viaggio di vita viene a prendermi in auto. Lascio la bici a Bondi. La mia serata prosegue e mi cucino un buon piatto di pasta con gratitudine. Ero vivo e poteva non andare così. La vita è un dono bellissimo e non è mai scontata.  Mai.

Il giorno dopo, con molta pigrizia, torno a Bondi per recuperare la bicicletta e mettermi a lavorare. Faccio quello che devo, ma dentro di me non si accende la solita energia. Mi sento vuoto, scarico. A Bondi regna un silenzio insolito, quasi irreale. Le strade, normalmente brulicanti di vita e risate, sono ancora sorvegliate da poliziotti in ogni angolo. Quel silenzio, così raro a Bondi, mi avvolge in ogni respiro, in ogni passo, in ogni pedalata.

Durante la meditazione del lunedì ero agitato. Oggi, invece, guardarmi dentro è stata una vera fatica. Sento il dolore di Sydney dentro di me, forse più intensamente di quanto lo percepiscano molti che vivono qui da anni. Oggi non c’è il sole, né in città né dentro di me. Associo quella bicicletta al dolore: non provo paura, ma una sofferenza profonda. Per questo oggi non sono andato a lavorare. Non avevo davvero voglia di pedalare.

Cara Sydney, resto con te in questo dolore, senza scappare, senza accelerare, senza fingere che non faccia male. Resto con te perché oggi ti ho scelta davvero. Sei e sarai la città che incarna il coraggio che credevo di non avere. Sei il luogo che mi ha spogliato di ogni definizione, il luogo che mi sta facendo crescere come mai prima.

Ti amo, Sydney.

Ti amo anche, e soprattutto, quando non splendi.


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